Educazione
Anche se la situazione è sempre in divenire, rimangono validi i concetti di base espressi in questa lettera di un nostro socio.
Care famiglie, ribellatevi!
O, almeno, entrate anche voi nel giro degli …indignados, perché è ora di finirla di farsi prendere in giro! Questo ho pensato quando ho sentito annunciare che, tra le molte voci di spesa che entrano nel nuovo redditometro messo a punto dall’Agenzia delle Entrate, vi sono anche i costi che una famiglia sopporta per la scuola “privata”.
E’ vero che spesso l’alunno che frequenta scuole “non statali” ha alle spalle una famiglia con una discreta situazione economica, ma non è sempre così e, soprattutto, si ricordi che un alunno della scuola statale costa ogni anno circa 5.800 euro nella scuola per l’infanzia, 6.500 nelle elementari e arriviamo a più di 7.000 euro nella scuola media inferiore e superiore. Quando un alunno frequenta una paritaria “non statale”, lo Stato eroga a quella scuola – con ritardo vergognoso, di solito – un contributo rispettivamente di 584, 866, 106 e 51 euro! Ogni anno, se le scuole “non statali” chiudessero, lo Stato si troverebbe a spendere circa 6 miliardi di euro in più. Ditemi allora voi se lo Stato fa bene a punire fiscalmente chi, mandando suo figlio in una paritaria “non statale”, gli fa risparmiare ben più di 5.000 euro all’anno! Calcoli fatti da esperti documentano che lo Stato risparmierebbe mezzo miliardo di euro ogni anno, se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria “non statale”, consentendo di sceglierla ad un numero maggiore di famiglie. Ogni euro investito in questo ambito ne farebbe risparmiare 5 allo Stato, che potrebbe reinvestirli proprio per migliorare il funzionamento delle “sue” scuole!
Se “l’obiettivo del redditometro è accertare la coerenza tra il reddito dichiarato e la capacità di spesa”, a me pare giusto che ci sia una valutazione oggettiva, per quanto possibile, di “come” una famiglia spende i suoi soldi: ci sono in giro troppi “furbi” ed io ricordo bene come diversi miei compagni di università, pur figli di industriali, avessero esoneri dalle tasse scolastiche che io, invece, dovevo pagare regolarmente, perché le loro famiglie denunciavano redditi irrisori. Si valutino dunque le spese per le attività sportive e ricreative, per la cura delle persona, gli investimenti immobiliari; si valutino pure la presenza di collaboratori domestici, di minicar e caravan, di imbarcazioni, le assicurazioni sulla vita, la frequenza di centri benessere e viaggi low-cost, il possesso di tv satellitari, di cavalli, delle molte altre cose che possono attestare un livello elevato di reddito! Sarà più facile stanare gli evasori, e questo è un bene per tutti.
Ma la scuola no! Non si punisca chi fa una scelta responsabile, a favore di una offerta culturale ed educativa elevata per i suoi figli! Chissà con quale sacrificio si è impegnato in questa scelta!
Avendola fatta, per di più, giova allo Stato almeno per tre motivi: perché lo fa risparmiare sulle spese della scuola statale, perché vuole offrire alla società intera figli ben educati e di solida formazione; ed infine perché aiuta a ridurre la disoccupazione intellettuale.
Luigi Patrini